“Emozioni” di Mariagrazia Bellafiore, recensione a cura di Lorenzo Spurio

 

[P]er non morire una volta,
ci si costringe a morire,
un pochino
tutti i giorni.
(p. 27)

Il nuovo libro di Mariagrazia Bellafiore, poetessa di origini siciliane residente a Como, edito da Libreria Editrice Urso, ha un titolo importante, Emozioni, e da subito ci immette in un saliscendi di squarci di storie vissute dove, appunto, è proprio il sentimento con le sue varie sfumature e derivazioni a fare da padrone.

L’autrice accosta la freschezza e la genuinità del suo verso ad alcuni disegni, in realtà sono dei bozzetti monocromatici, opera di Anna Spagnolo che ne arricchiscono le pagine.

Le liriche di Mariagrazia sono tendenzialmente brevi; i versi sono spesso molto corti tanto da contraddistinguersi con una sola parola e poi, subito, si prosegue il ritmo con la punteggiatura della virgola o quella più aperta e sospensiva dei puntini che in parte celano del contenuto, istituendo una ellissi, in parte danno modo al lettore di “riempire il buco” a suo modo, secondo le sue interpretazioni e volontà.

Il filo rosso della raccolta è sviscerato dal titolo, Emozioni, poiché Mariagrazia parla di momenti passati o presenti –si noti la grande malinconia nei confronti della terra d’origine, la Sicilia- ma di ciascuna rappresentazione non sono tanto i colori, i rumori o le sensazioni olfattive che la poetessa rievoca quali momenti focali nel recupero della memoria, ma proprio le emozioni. L’universo delle sensazioni emotive, le forme di empatia con gli altri e con il mondo, l’amicizia e la solarità della poetessa sono palesi in versi asciutti, ma chiarificatori, come nella lirica d’apertura dedicata appunto alla Trinacria nella sua stagione di rinascita, la primavera, che si chiude con una presa di coscienza netta, una riflessione decisa, un commento che non necessita antitesi: “Sensazioni ed emozioni/ che non dimenticano/ più” (p. 9). E si noti quel “più” che la poetessa posiziona sapientemente quale elemento monosillabico nel verso finale, proprio a sottolinearne con una inaudita forza espressiva, quasi iperbolica, il fatto che sensazioni come quelle, non possono essere cancellate dalla mente.

Notevoli gli scenari naturalistici e i vari riferimenti a specie della fauna come in “Gabbiano”, lirica che condensa il motivo del volo e, dunque, quello di osservare il mondo dall’alto senza per forza di cose dover partecipare ad esso, ma simboleggia anche la volontà di conoscenza e la ricerca continua. Il volo ritorna anche nell’accorato lamento che cela la voglia di partire, volare, fuggire per “andare lontano” (p. 37)

Il tema del viaggio, inteso come esperienza di crescita e percorso di conoscenza di sé e degli altri nel mondo, è alla base della poesia “Poeta, viandante di oggi” con la quale la poetessa è stata felicemente segnalata al 1° Concorso Letterario Internazionale Bilingue TraccePerLaMeta dove, appunto, il tema proposto era quello del camminante. Il poeta –ci dice la poetessa- è “come un viandante”, perché sempre in cammino, alla ricerca di se stesso e dei significati, ma anche e soprattutto perché il poeta è un curioso, un animo girovago che non può star con la penna in mano e scrivere restando seduto per ore. Il poeta viaggia e fa viaggiare con i suoi versi, dà espressione del suo percorso –lineare o accidentato che sia- nel mondo e guida il lettore che vuole seguirne l’insegnamento.

La Nostra mostra attenzione e confidenza anche nei confronti della realtà sociale come quando in “L’ultimo viaggio” freddamente riconosce una sacrosanta verità: “il mondo/ ti può cambiare” (p. 17). Tutti i giorni assistiamo in prima persona a quanto il mondo sia difficile e pericoloso da vivere, insidioso a volte, addirittura crudele e il percorso dell’uomo che desidera il benessere e la felicità è di certo ostacolato dalla gravosa situazione economica e quella ancor più grave della perdita dei valori che mettono l’uomo, quasi con forza, di fronte alle brutture del mondo alle quali non si può rimanere estranei. Ecco perché il mondo “ti può cambiare”: nel male, come nel bene. E’ la sperimentazione che il singolo fa sulla sua pelle a portarlo a un cambio di prospettiva, di convincimenti, di necessità.

La Sicilia ritorna spesso nelle liriche di Mariagrazia come la ricerca continua di una mamma che ci aspetta a braccia aperte e in alcuni versi, come quando scrive “La Sicilia/ non la si visita/ la si vive/ […] In essa/ si diventa un tutt’uno” (p. 21) sembra quasi di percepire il sentimento della “sicilitudine” di cui parlava Sciascia in riferimento a quella sensazione indefinibile con semplici parole della grandezza e al contempo mistero di essere siciliani.

Vorrei concludere la mia breve analisi con alcuni versi di Mariagrazia che sono specchio della sua personalità (l’ho incontrata solo una volta, ma l’impressione che ho avuto è stata quella di una persona che già conoscevo da tempo, con un sorriso autentico e una felicità incorrotta che si può notare anche nella sua foto presente nell’aletta destra del libro):

 

[A]ccendiamo la luce

sulle nostre emozioni

per condividerle.

 

Lorenzo Spurio
Scrittore, critico letterario

 

Jesi, 29 Luglio 2013

 

Emozioni
Di Mariagrazia Bellafiore
Con prefazione di Anna Maria Folchini Stabile
Con disegni di Anna Spagnolo
Libreria Ciccio Urso, Avola (SR), 2013
Pagine: 55
ISBN: 9788898381203
Costo: 9,50 €

 

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O PUBBLICARE LA PRESENTE RECENSIONE IN FORMATO INTEGRALE O DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

La rosa in scatola
di Paola Surano
Ciccio Urso Editrice, Avola (SR), 2013
ISBN: 978-889838139-5
Pagine: 55

Costo: 9,50 €

Recensione di Lorenzo Spurio

Chi conosce Paola Surano, anche non profondamente come me, la ritroverà in pieno in questo libro. Chi, invece, non la conosce, la conoscerà per la prima volta con queste liriche che si leggono con piacevolezza. Sfogliando le pagine e dunque avanzando nella copertina_Surano2013lettura, si respira un’aria fresca e mai identica, un’atmosfera gioiosa e spensierata di una donna matura che giorno dopo giorno, ora dopo ora, coglie dal mondo che la circonda tutto ciò che esso ha di bello da offrirgli. Ed è per questo che quando mi capita di recensire le sillogi di Paola Surano non posso fare a meno di osservare che le sue opere sono un chiaro esempio di lode al creato e un ringraziamento beato al Creatore. E’ evidente la fede cattolica della scrittrice che si evince in varie liriche e nella sua stessa grande anima filantropica.

Paola si identifica con l’altro e con esso colloquia, si diverte, gioca e cresce in quel cammino fatto di strade asfaltate e altre sterrate, di gioie e dolori, di felicità ed affanni. Su tutto domina sempre la speranza e la convinzione che la ricchezza non è in noi, ma nel rapporto che con gli altri intessiamo.

Chi è l’altro allora verrebbe in mente da chiedersi?

Il nostro amico, nostro cognato, il vicino di casa, l’anziana che incontriamo sempre alla spesa, ma anche il barbone, il militare americano impegnato in una missione Oltreoceano, il cieco, il violento. Le parole di Paola, che si sciolgono in un linguaggio parzialmente musicale ed estremamente evocativo, fanno parte di una lingua senza tempo, un idioma di pace, di solidarietà e di comunione con gli altri.

Non esistono frontiere, sembra sussurrare la poetessa, quando parla di persone che appartengono ad altre città, regioni o a paesi a noi molto lontani e geograficamente e culturalmente come il Mozambico:

E’ lunga la strada per le donne,
in Mozambico.
[…]
camminano e camminano
[…]
lontano chilometri dal villaggio.
E camminano e camminano
andata e viaggio.
Se mettessero in fila tutti i loro passi
sarebbero ormai lontane, le donne
in Mozambico.

Una poesia stupenda che fotografa una realtà locale africana lontanissima dalla nostra frenesia giornaliera: il tempo sembra scandito dal camminare, come se si trattasse di una sorta di pellegrinaggio o di un tour de France a piedi, tappa per tappa. Nella poesia la Nostra mette in luce la difficile condizione della donna nell’ex colonia portoghese dove sono sulle spalle della donna una serie di attività che in una realtà poco evoluta come quella, vengono a significare dei veri e propri pesi che la indeboliscono e ne minano giorno dopo giorno la salute. Una realtà che Paola Surano ha visto con i suoi occhi in un recente viaggio per visitare il Centro dell’Associazione Macibombo Onlus che dedica le sue attività all’istruzione delle bambine.

Paola Surano canta la natura con i suoi rimandi alla flora e al lago, fonte ispiratore e di meditazione di tante liriche; ma commemora anche il ricordo di persone che, pur avendo intrapreso una strada parallela alla nostra, sono poi decedute lasciandoci (apparentemente) soli in quel percorso.

L’uomo è una summa di esperienze e di episodi, alcuni voluti altri fortuiti, e in ciascun caso non è che il prodotto di una serie di incontri, unioni (fidanzamenti, sposalizi, o amicizie) e distacchi da altre persone. Siamo quel che siamo solo perché ci rapportiamo al mondo. E il mondo non sono i monti e i mari, ma l’umanità, il gruppo sociale a cui la Nostra parla, si ispira e invoca affinché quell’animo solidaristico d’amore incontaminato per l’altro che le è proprio, possa contagiare con sapienza anche qualcun altro.

Ciascuno di noi traccia un sentiero
e cammina per anni,
inconsapevole
che il suo incrocerà
con un altro sentiero
e ne nascerà un incontro
e, forse, un tratto di strada
insieme.
(“Sentieri”,  p. 31).

La silloge lascia il posto anche a scenari più cupi e che fanno diretto riferimento alla cronaca giornaliera, quale i due tremendi assassini di Yara Gambirasio e di Sara Scazzi, nella cui poesia la Nostra riflette sul fatto che per quelle due ragazze, improvvisamente e beffardamente, il tempo si è annullato e non hanno più avuto l’occasione di vivere la vita (innamorarsi, sposarsi, avere un figlio o semplicemente viaggiare): “non ho mai pensato di non avere tempo/ per vivere la vita/ non ho mai pensato di finire così” (p. 39). In “Preghiera arrabbiata” la poetessa utilizza un linguaggio duro e indignato, è furente per la condizione sociale alla quale giornalmente assistiamo dominata da atti violenti, azioni di guerra, femminicidi e abomini di altra natura che denigrano l’essere umano e che portano la poetessa a far appello a Dio affinché aiuti l’uomo a ritrovare la sua strada.

In un mondo tanto difficile e doloroso, la speranza è un ingrediente necessario per andare avanti.

Paola Surano, come una maga bianca, ci regala questo elisir della beatitudine sulla terra con la riscoperta del semplice.

Lorenzo Spurio
(scrittore, critico letterario)

Jesi, 15-07-2013

E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O PUBBLICARE LA PRESENTE RECENSIONE SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.